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Trento, 12 febbraio 2019
POLITICHE DI CONCILIAZIONE PER IL RIENTRO DALLA MATERNITÀ
Interrogazione a risposta scritta
presentata da Paolo Ghezzi e Lucia Coppola, consiglieri provinciali di FUTURA2018

Premesso che:

l’8 febbraio scorso la Giunta provinciale ha approvato una delibera che estende la copertura previdenziale a coloro che si dedicano alla cura dei figli a tempo pieno fino al terzo anno di età. Tale copertura previdenziale spetterà anche a coloro che non svolgono alcuna attività lavorativa o sono in aspettativa, ai lavoratori autonomi e liberi professionisti, purché si dedichino alla cura dei figli a tempo pieno fino al terzo anno di età o entro i tre anni dall’adozione. In precedenza tale contributo era attivato solo per coloro che svolgevano un’attività lavorativa a tempo parziale.

Un provvedimento certamente importante, che estende i benefici anche ai lavoratori autonomi e liberi professionisti, garantendo la possibilità, per chi non ha problemi economici, di seguire la crescita dei figli con maggior attenzione. Ma ci sono anche famiglie, la maggioranza in realtà, che non possono permettersi di rinunciare allo stipendio per tre anni.

Inoltre, una donna che durante la gravidanza si è trovata a dover rinunciare al posto di lavoro, trova grandi difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro dopo tre anni di assenza. Oppure una donna (o un uomo) che ha conservato il lavoro e rientra magari con l’intenzione di continuare con quella carriera che faticosamente si era costruita/o fino a quel momento scopre che, soprattutto in posti scarsamente tutelati, il proprio ruolo non c’è più. Che bisogna ricominciare da zero, magari non più giovanissimi, che magari qualcuno si è piazzato al tuo posto e ovviamente non intende cederlo.  A tutto ciò si aggiunge la lotta per recuperare gli spazi perduti, riaffermare le proprie capacità, che si scontra con le nuove incombenze familiari. Che sono  stancanti se non si hanno sostegni robusti e gli insostituibili nonni.

Pagare i contributi al genitore che decida di rimanere a casa per i primi tre anni di vita del figlio è la tacita rinuncia ad un modello di conciliazione della dimensione familiare e di quella lavorativa della propria vita: misure come quella in oggetto privilegiano solo la prima e si ammette che non si possa scegliere tra carriera e famiglia. Nel terzo millennio dovrebbe essere possibile per uomini e donne decidere quanta parte di sé dedicare al lavoro e quanto alla famiglia e raggiungere questo scopo dovrebbe essere l’obiettivo di una Giunta che ha dichiarato di avere tra i suoi obiettivi programmatici l’innalzamento del tasso di natalità.

La conciliazione tra vita professionale privata e familiare deve essere garantita quale diritto fondamentale di tutti, nello spirito della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con misure che siano disponibili a ogni individuo, non solo alle giovani madri, ai padri o a chi fornisce assistenza, così si è espresso il Parlamento Europeo, nella risoluzione approvata il 13 settembre 2016, in materia di “creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra vita privata e vita professionale.

Misure politiche lungimiranti dovrebbero quindi cercare di garantire l’occupazione femminile (in Trentino è ferma sotto a quella maschile di 11 punti percentuali, dati ISPAT, 2017) e al tempo stesso non creare ripercussioni negative sul tasso di fecondità.

Nella vicina Austria, le misure di riduzione della retta degli asili nido sono differenziate a seconda del Bundesland. Più a nord, in Svezia, le spese mediche per i bambini sono gratis fino ai 18 anni, i giorni di permesso per restare a casa con i figli malati sono pagati e illimitati.  Gli Stati dell’Europa settentrionale presentano solitamente i maggiori tassi di occupazione e al tempo stesso i più elevati tassi di fecondità, grazie ad un’effettiva applicazione di politiche family friendly nei sistemi di welfare pubblico e privato.

Tutto ciò premesso,

si interroga il Presidente della Provincia per sapere:

1. se concordi col fatto che vi sia tutta una fascia di lavoratori che non possono beneficiare dell’intervento previsto dalla delibera citata in premessa, perché non possono permettersi di restare senza stipendio per tre anni;

2. se intenda prevedere efficaci politiche di sostegno alla maternità, come ad esempio gli asili nido gratuiti per tutti come pubblicizzato in campagna elettorale dall’attuale maggioranza a guida della Giunta, il prolungamento degli orari di apertura delle scuole elementari, corsi e attività sportive estive con costo simbolico, in modo da venire concretamente in aiuto a chi ha necessità economica di conciliare famiglia e lavoro;

3. se adotterà o perlomeno studierà misure che perseguano “il miglioramento dell’organizzazione dell’orario di lavoro (a cui aggiungere, più in generale, condizioni di lavoro flessibili quali il telelavoro), l’agevolazione all’inserimento e al reinserimento delle donne nel mercato del lavoro, una maggiore partecipazione degli uomini alla vita familiare” (Risoluzione del Consiglio Europeo, 1994). Inoltre, maggiori tutele nel caso di maternità e un’offerta più diffusa e accessibile di servizi di sostegno alle famiglie con figli, indicatori di reddito che privilegino le famiglie a doppia partecipazione e che evitino il meccanismo per cui sia più conveniente per un genitore guadagnare meno, o non guadagnare affatto, al fine di rimanere nello scaglione inferiore per ricevere maggiori contributi;

4. se ritenga che l’obiettivo programmatico dell’innalzamento del tasso di natalità debba essere accompagnato dall’aumento dell’occupazione femminile.

 

      Lucia Coppola

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